martedì 17 aprile 2012

Fonti energetiche rinnovabili – Costi e benefici – Parte 2 - D114

Questa è la seconda puntata riguardo ai costi e benefici delle fonti rinnovabili elettriche, tema di estrema attualità dopo che negli ultimi giorni sono stati diffusi gli schemi di decreto governativi che ridimensionano gli incentivi a fotovoltaico e altre rinnovabili. Parlavamo in particolare di uno studio di Agici, commissionato da produttori da fonti rinnovabili e di cui sono stati diffusi in parte i risultati, secondo il quale le rinnovabili elettriche fatte tra il 2008 e il 2011, alla fine della loro vita utile non saranno state, seppur di poco, un buon affare, soprattutto a causa degli alti sussidi al fotovoltaico. Mentre si riveleranno convenienti, secondo lo studio, quelle costruite tra 2012 e 2020, con un beneficio netto totale al 2030 di circa 80 miliardi di Euro.

Ricordiamo quali sono i principali benefici delle rinnovabili elettriche considerati da Agici:
L'occupazione diretta e indiretta.
Le mancate emissioni di CO2 e ossidi di azoto.
Gli effetti in riduzione sul prezzo all'ingrosso dell'elettricità.
Il mancato consumo di combustibili fossili.

Un punto dubbio tra i benefici è quello della nuova occupazione. Ciò che Derrick ha letto dello studio lascia intendere che si siano valutati i redditi da lavoro forniti dal settore rinnovabili negli anni di costruzione, e che se ne sia ipotizzato poi un lieve decremento per il periodo di funzionamento degli impianti già costruiti. È chiaro che la durata di questi posti di lavoro dopo l'installazione degli impianti è un'ipotesi essenziale. E un'altra, a mio parere criticabile, è il non considerare – come sembrerebbe – l'occupazione spiazzata in altri settori. Ovvero: se si fa l'energia con le rinnovabili, non la si fa in altri modi. E bisognerebbe quindi tener conto della mancata occupazione legata a questi altri modi, cosa che lo studio Agici non sembra fare. Il dubbio di Derrick qui, quindi, è che il beneficio sia sopravvalutato.
Riguardo ai benefici da mancate emissioni, anche qui è difficile arrivare a un valore sensato. Anche perché le emissioni considerate sono solo due, quelle per cui esistono, peraltro con problemi di affidabilità e prevedibilità del corrispettivo, forme di internalizzazione economica del danno (cioè gli emettitori devono pagare per le emissioni). Non si tiene invece conto di altri fattori di impatto (per esempio le ceneri o le polveri legate all'uso del carbone). C'è quindi qui un rischio di sottovalutazione del beneficio.

Veniamo all'effetto positivo in termini di riduzione e appiattimento tra giorno e notte del prezzo all'ingrosso dell'elettricità. Questo è il classico cavallo di battaglia dei fan delle rinnovabili elettriche. E lo è giustamente, visto che la concorrenza delle fonti rinnovabili, che non hanno tranne la biomassa costi variabili, spiazza le fonti fossili sul mercato mantenendo accese solo quelle più economiche e quelle indispensabili per bilanciare la rete. Il guaio è che questa economicità nei costi variabili delle rinnovabili la si paga nei sussidi, che rientrano in bolletta tra gli oneri generali, considerati da Agici tra i costi. Quel che manca, o manca parzialmente, nello studio, è che le centrali convenzionali in grado di attivarsi quando sole e vento non ci sono avranno verosimilmente sempre più bisogno, per restare disponibili, di recuperare remunerazione o sul mercato all'ingrosso dell'energia o con un'ulteriore voce di oneri in bolletta. Oppure, peggio, in seguito a difficoltà finanziarie potrebbero riconcentrarsi in pochi operatori ricreando un oligopolio con tanti saluti ai prezzi concorrenziali all'ingrosso dell'ultimo periodo.

Circa il risparmio di combustibili fossili: i prezzi futuri del petrolio si sono pressoché sempre rivelati imprevedibili. E per il gas, vale più o meno la stessa cosa.


In generale, e concludendo: è difficile calcolare costi e benefici da qui al 2030. Ma è ragionevole dire che l'affrancamento almeno parziale dalle fonti fossili è sensato e che la riduzione delle emissioni-serra necessaria. Altrettanto ragionevole che gli incentivi siano sempre il minimo sufficiente per raggiungere gli obiettivi, rispetto ai costi industriali.  

martedì 10 aprile 2012

Fonti energetiche rinnovabili – costi e benefici – Parte 1 - D113

Bisogna tagliare, o non tagliare i sussidi alle fonti energetiche rinnovabili?

Prima di avventurarci in risposte, conviene scomporre la domanda in sottodomande. Ci aiutano alcuni dati diffusi in questi giorni tratti da un paio di studi costi-benefici, uno di Althesys, un altro di Agici Finanza d'Impresa. Di quest'ultimo Derrick è in possesso di un rapporto in bozza più dettagliato del sommario disponibile su www.agici.it, ma comunque incompleto.

Si tratta di studi in entrambi i casi apparentemente di parte (quello di Agici è stato commissionato da produttori da fonti rinnovabili), ma non per questo meno utili per impostare un'analisi.
Entrambi si chiedono quale sia l'effetto economico complessivo netto delle fonti rinnovabili italiane installate, utilizzando diversi intervalli di osservazione. Si chiedono cioè se i benefici superino i costi, in uno scenario futuro di vita utile degli impianti. E rispondono generalmente di sì. Ma con alcuni, decisivi punti opinabili, che secondo Derrick impediscono di considerare affidabili i numeri finali in assenza di maggiori informazioni sulle ipotesi, o di integrazioni.

Vediamo quali sono le voci principali di costo delle fonti rinnovabili elettriche secondo lo studio Agici, tralasciando per ora le biomasse, incluse nello studio, ma che richiedono considerazioni a parte:

- I sussidi a spese delle bollette (circa 10 miliardi di Euro nel 2011, e in fortissima tendenza a salire a norme invariate).
- I costi di gestione dell'intermittenza e della non prevedibilità dell'elettricità da queste fonti.
- L'import dei componenti necessari a costruire gli impianti. (Nota di Derrick: non è chiaro perché solo l'import di componenti sia considerato come costo e non in generale l'intero ammontare dei costi di realizzazione e manutenzione. Ignorare i costi quando sostenuti in Italia è poco comprensibile. E quand'anche dovesse prevalere questa logica autarchica, dovrebbe essere applicata anche a tutti gli altri costi e non solo quelli dei componenti).

Vediamo quali invece i benefici principali delle fonti rinnovabili elettriche secondo Agici:

- Le mancate emissioni di CO2 e ossidi di azoto.
- Il mancato consumo di combustibili fossili.
- L'occupazione diretta e indiretta.
- Gli effetti in riduzione sul prezzo all'ingrosso dell'elettricità.

Anche tra i benefici ci sono punti la cui valutazione è difficile e, nell'impostazione di Agici, lascia dubbi. 

Ne parleremo nella prossima puntata. Intanto anticipiamo il risultato dello studio:

Con la sua impostazione Agici conclude che le rinnovabili elettriche fatte tra il 2008 e il 2011, alla fine della loro vita utile non saranno state, seppur di poco, un buon affare. Soprattutto a causa degli alti sussidi al fotovoltaico. Mentre si riveleranno convenienti quelle costruite dopo il 2012.

Continueremo ad analizzare questi numeri, utili e interessanti malgrado i punti apparentemente opachi. Tenendo presente che un'analisi olistica come quella costi-benefici è inevitabilmente basata su scelte arbitrarie riguardo a come tracciare i confini degli elementi da considerare e da non considerare.