martedì 26 giugno 2012

Energia sottocosto - D122

Può l'energia elettrica all'ingrosso essere venduta gratis? In qualche caso, sempre più frequente, succede. Come in vari giorni in Spagna lo scorso aprile, ma perfino in Italia, dove anche all'ingrosso l'elettricità è ancora più cara che nei paesi confinanti, ci sono state di recente ore in cui al Sud l'energia veniva fornita senza remunerazione nella borsa elettrica.

Com'è possibile? I fedelissimi di Derrick naturalmente lo sanno, ma per i nuovi arrivati forse è il caso di dare una piccola spiegazione. Borse elettriche come quella italiana prevedono che tutti gli operatori che fanno offerte di vendita di energia vengano per ogni combinazione di ora e di zona remunerati al prezzo richiesto dall'impianto più esoso tra quelli necessari a soddisfare la domanda. Contrariamente a quel che si potrebbe pensare di primo acchito, la maggior parte degli esperti ritiene che questo sia il meccanismo più efficace per la concorrenza.
Ebbene: nei casi-limite di cui stiamo parlando, l'offerta di energia di impianti a costi variabili nulli e con diritto a incentivi è sufficiente a soddisfare l'intera domanda, e quindi il prezzo in borsa si annulla essendo nulla la richiesta economica in borsa anche dell'ultimo impianto necessario. Ma anche nei casi più frequenti in cui la capacità rinnovabile non soddisfa l'intera domanda, essa spiazza gli impianti termoelettrici più costosi e porta il prezzo in borsa a un livello che remunera i soli costi variabili, ma non quelli d'investimento e mantenimento, delle centrali a gas, quando vengono accese.

È sostenibile per i produttori? Sì per gli impianti da fonti rinnovabili incentivati fuori borsa e in parte per il carbone finché i prezzi dei permessi ad emettere CO2 restano depressi. Gli altri, invece, rimangono spenti a meno che non vengano chiamati a fornire servizi di riserva o di flessibilità dal gestore della rete.

Il risultato è che, se prima che le fonti rinnovabili elettriche prendessero così tanto piede le borse elettriche riuscivano a remunerare anche le centrali convenzionali, ora non più. Da un lato è una normale evenienza visto che il settore ha eccesso di capacità e che una parte crescente dell'offerta ha costi variabili bassi. Dall'altro è una distorsione se si tiene conto che gli incentivi alle rinnovabili, di norma più alti dei costi variabili delle centrali convenzionali, non sono computati nell'ordine di merito della borsa. Ma è una distorsione voluta e necessaria, perché le fonti rinnovabili per decisione strategica politica devono avere la precedenza sulle altre.

Ciò che non è voluto è che i produttori da fonti convenzionali, in parte indispensabili a fare da backup alle rinnovabili, se non trovano altre forme di remunerazione sufficienti a mantenersi in esercizio possano decidere di chiudere.

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