martedì 29 gennaio 2013

D147 - Biocombustibili o elettricità solare per le auto?


In D146 citavo uno studio sul Journal of Industrial Ecology che mette a confronto l'impatto ambientale dell'intero ciclo di vita di auto elettriche e auto tradizionali e che conclude che complessivamente il vantaggio dell'auto elettrica c'è, malgrado le emissioni-serra e gli inquinanti per l'auto elettrica siano maggiori nelle fasi di costruzione e smaltimento.
E mi chiedevo se l'auto elettrica non sia una specie di passaggio obbligato per ottenere il risultato di usare in modo massiccio fonti di energia rinnovabile per autotrazione. Più precisamente: per rendere rinnovabile l'energia che spinge gli autoveicoli conviene rendere rinnovabili i combustibili e bruciarli nei motori, oppure puntare su auto elettriche a batterie e produrre elettricità da fonte rinnovabile?
La prima scelta equivale a sviluppare e usare biocombustibili per autotrazione, una strada che fa parte del pacchetto di obiettivi europei al 2020. La seconda equivale ad abbandonare progressivamente i motori a combustione per autotrazione e ad usare le fonti rinnovabili nelle centrali di generazione elettrica.
Questa seconda opzione emerge come vincente in un altro studio, stavolta californiano, di Roland Geyer, apparso su Environmental Science & Technology del 26 dicembre e di cui ho saputo grazie ad Alessandro Codegoni sulla rivista QualeEnergia.
Lo studio di Geyer afferma l'inefficienza della produzione su larga scala di biocombustibili per auto rispetto all'uso del solare fotovoltaico per ricaricare le batterie, in termini di risorse – incluso terreno – impiegate.
Il motivo principale del risultato è l'inefficienza della fotosintesi associata alla combustione con motori endotermici, rispetto alla migliore efficienza della conversione fotovoltaica associata a motori elettrici, tenendo conto di tutte le perdite e dei costi energetici dei rispettivi processi.
Le perdite di processo per produrre i biocombustibili secondo lo studio possono arrivare a valori altissimi per l'etanolo da mais americano e migliori per quello da canna da zucchero brasiliana (ecco perché, aggiungo io, in Brasile le auto a etanolo ci sono da trent'anni). I biodiesel usati in Europa si assesterebbero a perdite di processo del 30%.
E poi c'è il rendimento dei motori. Quelli elettrici rendono moltissimo, mentre i motori tradizionali sono davvero troppo inefficienti: buttano in calore e residui di combustione tre quarti dell'energia che assumono.
Tenendo conto di tutti i passaggi che abbiamo citato, Roland Geyer sostiene che è meglio il fotovoltaico rispetto alle coltivazioni per biocombustibili.
C'è naturalmente però un altro aspetto rilevante: la maggiore invasività e antropizzazione di una superficie fotovoltaica rispetto a una agricola. Probabilmente un compromesso ragionevole tra le esigenze energetiche e quelle di tutela del territorio vede il fotovoltaico soluzione da sviluppare in aree già impermeabilizzate, comprese naturalmente le coperture degli edifici. Ma per quest'analisi serve anche una valutazione del potenziale disponibile, e la rimando.

martedì 22 gennaio 2013

D146 - Auto elettrica e ambiente


Questa puntata di Derrick approfondisce un'affermazione di Sergio Marchionne dello scorso 17 gennaio a un convegno organizzato da Quattroruote, lo storico mensile di Rozzano dedicato ai motori e di cui chi scrive possiede una collezione di intere annate.
Cos'ha detto Marchionne? Stando ai giornali che ho letto e allo stesso sito di Quattroruote, Marchionne ha liquidato l'auto elettrica dicendo che è un esercizio autolesionista sul piano economico e anche un danno ambientale. E ha motivato quest'ultimo punto da uno studio dello scorso autunno del politecnico di Trondheim, pubblicato sul Journal of Industrial Ecology e ampiamente analizzato, tra gli altri, da Leo Hickman sul blog del Guardian lo scorso ottobre.

Ebbene. Lo studio dice che l'impatto ambientale dei veicoli elettrici rispetto a quelli a combustione interna, in termini di emissione di gas-serra e soprattutto di inquinamento chimico, è migliore nella fase di utilizzo, e peggiore in quella di costruzione e smaltimento. Le auto elettriche come sono oggi infatti richiedono, per farle e smaltirle, processi industriali e in particolare metallurgici più complessi e costosi sul piano ecologico ed energetico. E le emissioni-serra possono essere nella fase di costruzione dei veicoli anche doppie di quelle di un veicolo tradizionale. Questo è il punto che, stando alle fonti che ho citato, Marchionne ha ripreso. Ma lo ha ripreso fuori dal contesto, attribuendolo all'intero ciclo di vita delle auto elettriche e quindi in modo come minimo fuorviante.
Lo studio afferma infatti che l'impatto complessivo sulle emissioni-serra di un veicolo elettrico è sensibilmente favorevole rispetto a un veicolo tradizionale, benché forme chimiche di inquinamento del processo di produzione e smaltimento siano invece più critiche per il veicolo elettrico.

Questi risultati in ogni caso dipendono grandemente dalle ipotesi. In particolare da quelle sulla durata utile dei veicoli e sul mix di fonti con cui si genera l'elettricità necessaria a produrre e, nel caso degli elettrici, a muovere i veicoli. Se un Paese fa elettricità da carbone o lignite, il vantaggio ambientale dell'auto elettrica viene eroso. Non quello però della delocalizzazione delle emissioni inquinanti rispetto alle zone densamente abitate, che non è oggetto diretto dello studio.

Infine, e questo lo aggiungo io, se il potenziale di fonti rinnovabili e a basso impatto ambientale è maggiore per produrre elettricità che per produrre combustibili, l'auto elettrica è uno strumento fondamentale per una transizione a un'economia a bassa dipendenza dai combustibili fossili. In altri termini: se il modo di rendere disponibile l'energia del sole e del vento passa perlopiù attraverso l'elettricità e ha un potenziale vastissimo, allora serve una transizione verso l'elettricità delle utenze.

Derrick 146 su Radio Radicale

martedì 15 gennaio 2013

D145 - La decrescita dell'energia


Parlare di decrescita fino a qualche tempo fa significava schierarsi in un modo o nell'altro riguardo ad auspici per il futuro. Adesso, nell'energia italiana, significa parlare dello stato delle cose. I dati di Terna, il gestore della rete di trasmissione elettrica, ci dicono che i consumi di elettricità nel 2012 in Italia sono calati del 2,8% tornando ai livelli del 2004 con 325 TWh di richiesta. Il dato è ancora più netto se si tiene conto che il 2012 aveva un giorno lavorativo in più, e i cali più forti di Sardegna e Nord Ovest descrivono i minori consumi principalmente del settore manifatturiero.

Riguardo al gas non c'è ancora il dato di dicembre, ma nei primi 11 mesi del 2012 in Italia si è consumato il 4,7% in meno rispetto a un anno prima secondo i dati del Ministero dello Sviluppo Economico, malgrado il picco di freddo eccezionale dello scorso febbraio che portò a predisporre le procedure della cosiddetta "emergenza gas".

Dato ancora più forte è quello dei carburanti di origine petrolifera, calati nel 2012 secondo i dati preconsuntivi dell'Unione Petrolifera di circa il 10% rispetto all'anno prima.

Si consuma meno energia per la crisi economica, e perché iniziano a pagare gli investimenti in efficienza. E in questo contesto, c'è un aspetto un po' inquietante, che ha tutta l'aria di un circolo vizioso. Se si riduce così tanto l'imponibile delle accise sull'energia, lo Stato anche solo per mantenerne il gettito deve aumentare le aliquote. Nel caso di elettricità e gas, questo effetto riguarda non solo le accise, ma anche gli oneri di sistema delle bollette, che sono costi fissi spalmati sui sempre minori consumi.

Se è vero dunque che da più parti, compresa la Banca d'Italia, si ritiene che le accise siano una componente fiscale più virtuosa di altre, è anche vero che è un bel problema la loro sostenibilità con i consumi in calo. Calo che, d'altra parte, è anche un effetto virtuoso del principio "chi inquina paga" che sempre più l'impostazione europea attribuisce a questo tipo di tasse. Un tipo di tasse, quindi, che quando ottiene di modificare i comportamenti, ha bisogno di essere sostituito da un'altra tassa.