martedì 28 gennaio 2014

Sussidi ai consumi elettrici: i non manifatturieri si arrabbiano - D189

Il tema sussidi ai consumi energetici ha occupato molte delle puntate recenti, e andrà così anche in questa. Ricorderete che in Italia esistono meccanismi nelle bollette che sussidiano i clienti industriali molto grandi e quelli con un rapporto tra costi energetici e fatturato alto. Quest’ultimo meccanismo è stato introdotto su prima iniziativa dell’ex ministro dello sviluppo economico Passera anche con l’obiettivo di superare una discriminazione a favore dei consumatori industriali di grandi dimensioni rispetto agli altri. Il guaio è che di discriminazioni se ne sono introdotte altre, visto che l’attuazione dell’articolo 39 del decreto che introduce il nuovo sconto prevede che il vantaggio ci sia solo per le aziende manifatturiere.

Bene, in risposta a questa discriminazione ci sono due fatti, uno positivo e uno negativo. Quello positivo è che un gruppo di aziende delle telecomunicazioni (anche loro voraci di energia) ha fatto ricorso contro la restrizione degli sconti ai manifatturieri, cosa di cui ha dato conto tra gli altri Gionata Picchio sul Fatto Quotidiano del 19 gennaio scorso (l’articolo al momento in cui scrivo è riportato qui).

I ricorrenti pare abbiano rinunciato a chiedere la sospensione della norma in cambio di una celere udienza di merito presso il giudice amministrativo, alla quale potrebbe seguire la decisione di bocciare il provvedimento nella sola parte in cui restringe i beneficiari. Il risultato finale, se fosse così, è che sarebbero più degli 800 milioni all’anno previsti ora i costi per sussidiare gli energivori da parte dei non energivori. L’obiettivo dei ricorrenti quindi sembra non una bocciatura dei sussidi, ma una sua estensione, e questo è il fatto negativo.

Dopodiché, prevedo, si arrabbieranno (giustamente) altre categorie discriminate: i clienti energivori allacciati in bassa tensione, anch’essi oggi esclusi dalle norme attuative, e infine i clienti non energivori, che potrebbero chiedere come mai il fatto di consumare poco debba comportare di sussidiare chi consuma molto.

La soluzione c’è: è l’abolizione dei sussidi al consumo tout court. Con meno distorsioni, per giunta ingiuste, come minimo funziona meglio il mercato rispetto a uno in cui si sussidiano un po’ tutti. 

Peccato non l’abbia proposto Matteo Renzi nel suo job act, ma è stato forse mal consigliato. Il consiglio che gli darei io è di togliere tutti i sussidi al consumo di energia, e anche quelli alla produzione, sostituendo gli aiuti alle rinnovabili con una carbon tax che le renda comunque abbastanza convenienti (e quindi remunerative) da soddisfare gli obiettivi europei, obiettivi peraltro più o meno già raggiunti dall’Italia per quanto riguarda il 2020. Si risparmierebbero una quindicina di miliardi e anche tenendo conto della carbon tax sarebbe un vantaggio per i consumatori.

martedì 21 gennaio 2014

Chi inquina paga? - D188

Derrick mantiene le promesse, e nella puntata del 7 gennaio aveva previsto di riprendere il tema di come la pensa l’Unione Europea in termini di sussidi o sconti fiscali o parafiscali ai consumi energetici. In particolare, chiediamoci se è sempre valido il principio del "Chi inquina paga" [polluters pay principle – PPP] nella produzione normativa di Bruxelles.

Principio secondo cui chi induce depauperamento ambientale deve contribuire proporzionalmente ai suoi costi, introdotto per la prima volta con il Primo Programma europeo di Azione Ambientale operativo dal 1973, sulla scia del dibattito aperto allora in sede OCSE[1], assurto a rango pseudocostituzionale nel trattato costitutivo dell’Unione e poi riaffermato in quello di Lisbona, che tra l’altro istituisce la finalità di lotta al cambiamento climatico.

La stessa Commissione però sta facendo patire al principio importanti eccezioni. Vediamole.
Nel processo di revisione della tassazione sui prodotti energetici, iniziato nel 2011 con la proposta della Commissione[2] e ancora sotto esame in sede di Consiglio, è prevista una carbon tax, ma anche la possibilità di agevolazioni per evitare il rischio del cosiddetto carbon leakage.

E cos’è il carbon leakage? Letteralmente: fuga di carbonio: è lo spostamento delle emissioni verso quei Paesi che non le disincentivano (per esempio: se io tasso chi emette CO2 in Europa per fare piastrelle, può darsi che la produzione di piastrelle si sposti fuori confine). Le emissioni complessive restano le stesse, con però un danno immediato per l’economia di chi le ha disincentivate.
Del resto la riforma della tassazione dell’energia è un completamento del sistema di scambio dei permessi ad emettere gas-serra, che si applica solo ad alcuni settori, e che anch’esso garantisce esenzioni alle attività a rischio di rilocalizzazione.

Quel che mi sembra un po’ penoso in questa politica del ripensamento è che l’effetto a cui si cerca ora di rimediare era perfettamente prevedibile e forse in effetti previsto dall’inizio. Ma scegliendo in Europa di accollarci prima degli altri il costo di incentivare tecnologie a basso tenore di carbonio si pensava di fare una scelta che nel medio periodo avrebbe pagato anche economicamente, quando anche il resto del mondo avrebbe deciso di allinearsi, cosa quest’ultima che in effetti ha iniziato ad avvenire almeno nel caso di Australia e Stati Uniti.

Non è solo nella disciplina delle emissioni che Bruxelles rinnega il Chi inquina paga. È in consultazione da dicembre la bozza delle Linee Guida sugli aiuti di stato ambientali ed energetici, che rappresenterà il riferimento per stabilire la conformità alla normativa europea di aiuti nazionali in campo energetico e per la protezione ambientale.
Ebbene: nella bozza sono ammesse riduzioni di tasse ambientali o di oneri generali di sistema finalizzati al finanziamento delle rinnovabili per le imprese a forte dipendenza dai consumi energetici. Già nella precedente versione del 2008 (ancora vigente) c’era la possibilità per gli Stati Membri di introdurre sgravi sulle tasse ambientali, ma è totalmente nuova l’opzione far pagare solo ai consumatori non energivori i costi dei sussidi all’energia da fonti rinnovabili.

Ricordate? L’illiceità di questa pratica, prima che le nuove lineeguida diventino operative, è il motivo per cui la Germania sta subendo un’investigazione da Bruxelles. E quello per cui la stessa Germania ha probabilmente premuto per le modifiche.

Direi che senza errori logici si può affermare che l’UE ritenga da un lato che i costi esterni dell’energia fossile debbano essere sostenuti in base a quanta se ne consuma (applicazione energetica del Chi consuma paga). E dall’altro che questo vale però solo per chi ne consuma poca. Lineare, no?
Ma niente paura, le lineeguida UE chiariscono che in qualsiasi caso le misure non devono pregiudicare il raggiungimento dell’obiettivo di protezione ambientale. Che fa il paio con quando il nostro legislatore scrive che la mancata rata IMU si finanzia sì con le bollette ma, per carità, senza aumentarle.

Ipocrisia al potere?

Sta per uscire il White Paper clima-energia al 2030, espressione degli orientamenti della Commissione in merito ai nuovi obiettivi di sostenibilità energetica. Saranno ancora obiettivi vincolanti? E se lo saranno, quante chance avranno di essere raggiunti se i meccanismi di incentivo saranno pieni di esenzioni? Ma poi che senso ha stabilire una strategia e sconfessarla? Un effetto certo c’è: contribuire alla perdita di credibilità dell’Unione.

Grazie a Marianna Antenucci

[Aggiornamento: gli obiettivi di sostenibilità energia-ambiente al 2030 diffusi da UE il 22/1/14]



[1] La prima definizione “ufficiale” del principio “chi inquina paga” è contenuta nella Raccomandazione del Consiglio dell’OCSE “Guiding principle concerning International economic aspects of environmental policies”
[2] COM (2011) 169/3

martedì 14 gennaio 2014

"Abbassa la bolletta" di Altroconsumo - D187

Inizio con una segnalazione di Luigi De Francisci che mi fa notare che il termine parafiscalità, riferito agli oneri delle bollette energetiche decisi dalle istituzioni con logiche talvolta avulse da ragioni legate all’uso dell’energia, venne usato già a proposito della questione del rimborso degli oneri nucleari, con l’apertura al mercato dell’energia italiana. E non, come ho sostenuto io, solo molto di recente, quando il termine è diventato quasi d’uso comune insieme alla crescente importanza quantitativa del fenomeno.

Paolo Mazzoli invece mi scrive per chiedermi un parere sull’offerta chiamata Abbassa la bolletta, l’iniziativa di Altroconsumo che lo scorso autunno ha fatto una gara per la fornitura di elettricità e gas a clienti domestici, gara che ha portato alla selezione di tre fornitori che hanno predisposto un’offerta sottoscritta, riporta Altroconsumo, da circa 40mila clienti.

Ho fatto bene a sottoscrivere l’offerta?, chiede Mazzoli, e mi manda copia dei contratti. Si tratta di offerte a prezzo fisso, cioè che fissano a un valore predeterminato la componente costo energia di gas e luce, che remunera il fornitore per l’approvvigionamento all’ingrosso. Le componenti relative a oneri generali, invece, sono stabilite anche per l’offerta a prezzo fisso dall’Autorità per l’Energia e possono variare.

I fornitori scelti da Altroconsumo hanno prodotto una tabella di confronto tra i costi attesi dalla tariffa standard dell’Autorità (quella che paga chi non ha mai cambiato fornitore) e quelli della propria offerta. E mostrano che c’è un piccolo ma significativo risparmio per ogni scaglione di consumo. Tutto bene quindi.

Ciò che rende però il confronto fatto così non del tutto significativo è il paragone tra un prezzo fisso e uno momentaneo (quello dell’offerta dell’Autorità) che invece è destinato a cambiare trimestralmente in base al prezzo all’ingrosso di luce e gas. È come confrontare un mutuo a tasso fisso con uno variabile basandosi sul tasso variabile del mese in cui si fa il confronto. Bisognerebbe invece considerare uno scenario di evoluzione dei tassi per il periodo del mutuo. Allo stesso modo qui avrebbe più senso che il fornitore dicesse quali sono le sue aspettative sull'andamento dei prezzi all'ingrosso di gas e luce e che su queste aspettative ricalcolasse il corrispettivo variabile di riferimento per ogni trimestre per poi confrontarlo con l'offerta.
Ciò però non avviene nemmeno nel pur utile motore di confronto offerte dell’Autorità.

La scelta di un prezzo fisso anziché variabile comporta una scommessa: chi compra ritiene, o teme particolarmente, che i prezzi di mercato possano salire, chi vende, il contrario. Va benissimo, ma conviene che chi compra, che ha di solito meno informazioni, tenga conto di questa scommessa, e dia il giusto valore a un confronto tra un’offerta che la include e una che no.

Il discreto successo dell’operazione di Altroconsumo, più in generale, mostra che c’è domanda di assistenza da parte dei clienti domestici di energia: non è facile scegliere tra offerte e monitorarne l’effettiva convenienza. Lo stesso presidente dell’Autorità, Guido Bortoni, presentando la sua ultima relazione annuale, ha citato favorevolmente esempi internazionali di gruppi d’acquisto per i clienti domestici di energia. Ne riparleremo.

martedì 7 gennaio 2014

Politica industriale in bolletta - D186

Derrick si è già più volte occupato di sussidi pubblici e politica industriale caricati sul comparto energetico e operati attraverso la parte regolata delle bollette. Anzi, il termine “parafscalità” delle bollette – da quel che so io, ma prometto come sempre di rettificare qui se mi viene data evidenza contraria – è stato inaugurato in un convegno radicale sul tema nell’aprile 2012, aperto da Emma Bonino e dal presidente dell’Autorità per l’Energia Guido Bortoni.

Ora di parafiscalità delle bollette parla anche la stampa generalista. Per esempio Stefano Agnoli sul Corriere del 28 dicembre scorso ha scritto che “è inaccettabile usare la bolletta energetica per fare politica economica e fiscale”. Bolletta che è sempre più carica, scrive Agnoli, di “paratasse”.

E sul tema c’è anche qualche novità. Due dal fronte della Commissione Europea. Che ha:

-  annunciato un’investigazione sul sistema inglese di supporto al nuovo impianto nucleare di Hinkley Point, che potrebbe rivelarsi distorsivo della concorrenza visto che sottrarrebbe la centrale al rischio di mercato;

- aperto formalmente una procedura di infrazione contro il Governo tedesco a causa degli sconti ai consumatori industriali energivori che in Germania, come in Italia, pagano solo in piccola parte i costi dei sussidi alle fonti rinnovabili sostenuti invece dagli altri consumatori di energia, ricevendo quindi un aiuto di natura parafiscale.

Attenzione però: non è detto che la Commissione tenga in futuro la barra dritta in questo atteggiamento di tutela di una concorrenza non distorta. Presto parlerò qui delle nuove linee-guida dell’UE sugli aiuti di Stato che in realtà si preannunciano piuttosto cerchiobottiste sul tema aiuti industriali attraverso le bollette.

Intanto, il parafisco energetico per finanziare sconti ad alcune aziende in Italia aumenta. Dal 2014 la spesa elettrica di una famiglia sarà caricata di una nuova componente proprio per questo, che vale l’1,6% della spesa totale (anche se l’aumento trimestrale della bolletta è più basso grazie alla riduzione di altre componenti, come chiarisce un utile articolo nel blog di Assoelettrica).

A voi va bene pagare 7 euro in più all’anno per aiutare le aziende energivore del solo comparto manifatturiero? A me no. Sarà che sono spilorcio, o che credo che l’unico vantaggio che gli energivori dovrebbero avere in bolletta è quello che deriva da un maggior peso negoziale sul mercato rispetto ai fornitori. Il discorso continuerà presto in questo spazio.