martedì 4 marzo 2014

Sbanchiamoli - D194

Dico se avete tubi di piombo e pentole di rame anche tubi di rame e pentole di piombo, se avete dei chili di ottone vi do trecento lire al chilo, compro rubinetti di ottone e filo di rame anche rubinetti di rame e filo di ottone, il rame ve lo pago quattrocentocinquanta. Compro anche carta straccia bottiglie usate pelli di coniglio stracci di lana e altri stracci, compro gomma bachelite specchi rotti e sani lampadine fulminate, insomma
COMPRO TUTTO.

Avrete capito che oggi a Derrick si parla di economia.

Radicali Italiani con il tesoriere Valerio Federico ha appena lanciato la campagna “#Sbanchiamoli!”, con una proposta di legge che prevede che le fondazioni bancarie cedano sul mercato tutte le loro partecipazioni nelle banche italiane.

Facciamo un passo indietro. Le banche per la maggior parte prima del 1990 in Italia erano pubbliche e di diritto pubblico. Ma la legge Amato su spinta della normativa europea ha previsto che diventassero società per azioni, il cui capitale non poteva più essere dello Stato, ed è stato quindi conferito a un nuovo soggetto: le Fondazioni Bancarie, la cui natura giuridica si è successivamente evoluta ma che sono sempre rimaste senza scopo di lucro e controllate da enti locali e da altre espressioni pubbliche e private di interessi locali.

Le Fondazioni devono per legge perseguire fini sociali di natura pubblicistica e dal ’99 è stabilito che escano progressivamente dal capitale delle banche, fino alla Finanziaria del 2002 che impone la cessione delle loro partecipazioni che anche solo aggregate esercitino il controllo degli istituti di credito.

Ancora oggi molte banche importanti vedono però quote rilevanti di azioni in mano a gruppi di Fondazioni bancarie. Qui a Derrick abbiamo parlato del caso della Compagnia di San Paolo che ha circa il 10% di Banca Intesa, mentre Fondazione Cariplo ne ha un altro 5%.

Perché questa struttura è un problema e ha senso correggerla?

Perché il credito conviene che vada ai soggetti con gli impieghi economicamente più promettenti. Perché lo Stato dovrebbe perseguire le finalità pubblicistiche attraverso le sue prerogative istituzionali, in primis la redistribuzione economica diretta con il sistema fiscale, e non intervenendo nelle decisioni di società di natura privatistica come le banche, e per di più attraverso l’espressione di interessi locali come con le Fondazioni.

Ma se una S.p.A. (o una banca) persegue finalità diverse dal profitto perché qualche suo grosso azionista ne ha specifico interesse, gli azionisti di minoranza, che insieme sono la maggior quota e invece aspirano ai dividendi della loro partecipazione, ne patiscono, come ha notato Luigi Zingales. Ma soprattutto ne patisce il sistema economico che vede il credito pilotato da motivazioni diverse dalle aspettative di rendimento e sicurezza del capitale prestato.

Che le Fondazioni, con fini filantropici – qualunque cosa voglia dire – e che in pratica sono gli interessi della politica locale, abbiano le mani sul credito italiano è un esempio emblematico di capitalismo inquinato. Di uno Stato che invece di fare lo Stato mette le mani nell’economia privata, e in un modo che difficilmente potrebbe essere più opaco.

Il brano iniziale era da Salto Mortale, romanzo di Luigi Malerba, a cui è dedicato un appuntamento a Roma questo giovedì 6 marzo alle 19.15 alla libreria Altroquando, animato dal gruppo “I libri in testa” che comprende il sottoscritto.

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