martedì 27 maggio 2014

Basta incentivi al consumo di ambiente - Parte 2 - D205

Si è aperta con un convegno lo scorso mercoledì 21 maggio 2014 a Roma presso lo spazio Europa della rappresentanza italiana della Commissione Europea la campagna di Radicali Italiani e Legambiente #MenoInquinoMenoPago, "basta incentivi al consumo di ambiente", i cui dettagli sono sul sito radicali.it.

Il pomeriggio di lavori è coinciso con la presentazione di un documento dove i promotori passano in rassegna alcuni degli incentivi al depauperamento delle risorse ambientali che si trovano in Italia nella fiscalità, nelle bollette dell’energia e nelle regole di accesso all’uso di risorse ambientali. E propongono di cancellarli per usare gli stessi soldi in riduzione delle tasse sul reddito e in investimenti all'innovazione e alla tutela dell'ambiente.

Alcuni esempi: nelle accise sui combustibili la Ragioneria dello Stato prevede quest’anno 5,7 miliardi di Euro di esenzioni, di cui circa 4 a vantaggio del trasporto, in particolare quello aereo e quello pesante su strada. Nelle bollette elettriche ci sono ancora sussidi (ma con tendenza alla riduzione) alle fonti fossili e sussidi incrociati a favore dei grandi consumatori e di quelli energivori, in contraddizione con la Strategia Energetica Nazionale che mette al primo posto l’efficienza energetica. Per l’accesso a discariche, materiali di cava, acque minerali, spiagge, ci sono condizioni economiche disuguali, scarsamente competitive e generalmente troppo incentivanti all’uso.

Ma le imposte ambientali (classificate dall’Istat secondo criteri che qui non ho spazio qui di approfondire) in Italia sono troppe o poche nel complesso?
Sono in linea con la media UE, ha mostrato al convegno Duccio Bianchi di Ambiente Italia, ma in diminuzione, in particolare le accise sui combustibili, perfino al netto della riduzione del loro consumo.
E queste imposte sono adeguate rispetto alle stime di esternalità, cioè al valore economico dei danni ambientali causati? (Anche qui, è chiaro che questa valutazione è complessa, ma esistono criteri consolidati per molti aspetti). Secondo Andrea Molocchi di ECBA project le imposte ambientali in Italia complessivamente pesano poco meno delle esternalità, ma sono distribuite in modo molto iniquo. In ordine decrescente di danni ambientali, l’industria manifatturiera (ma con casi a credito e debito al suo interno), l’energia, l’acqua e i rifiuti sono a forte debito tra quante esternalità causano e quanto pagano. (Indipendentemente da quale punto della filiera sia inizialmente toccato dall’imposta ambientale).

Non ho tempo almeno ora, ma cercherò di recuperare, di riportare spunti dagli interventi degli esperti Aldo Ravazzi e Giuseppe Artizzu e dei politici Ermete Realacci, Gianni Girotto, Giovanni Paglia, Francesco Ferrante.

Ma su Radio Radicale si possono riascoltare tutti.

Intanto, avete ascoltato questa puntata di Derrick? Ne avete opinioni? Scrivetelo a ioascolto@radioradicale.it , grazie.

domenica 18 maggio 2014

Basta incentivi al consumo di ambiente - D204

Mi sono occupato nelle ultime due puntate di biogas, e riprenderò con la prossima. Oggi invece mi dedico a un evento di Radicali Italiani e Legambiente che avverrà mercoledì 21 maggio 2014 a Roma alle 14.30 nella sede della rappresentanza dell’Unione Europea in via IV novembre 149.
Si tratta di un convegno che coincide con la presentazione di un documento e una campagna chiamata Basta incentivi al consumo di ambiente, i cui dettagli sono sul sito radicali.it, e che su twitter ha l’hashtag #MenoInquinoMenoPago.

Il programma prevede il benvenuto alle 14.30 di un rappresentante della Commissione Europea, poi il saluto di Valerio Federico tesoriere di Radicali Italiani e del presidente di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza. Poi un’illustrazione del documento da parte del sottoscritto, Michele Governatori, e di Edoardo Zanchini vicepresidente di Legambiente, i quali modereranno poi una tavola rotonda con politici, rappresentanti di istituzioni ed esperti.

Quali i punti principali dell’iniziativa?

Nel fisco italiano, nelle regole di sfruttamento di molte risorse naturali, nelle bollette dell’energia si annidano costosi sussidi al consumo di ambiente.
La campagna mira a correggere queste distorsioni eliminando sussidi e sconti fiscali alle fonti fossili e introducendo regole di tutela, di tassazione e di assegnazione trasparenti per cave, acque minerali, concessioni balneari, suoli.

Gli interventi proposti prevedono la contemporanea riduzione della pressione fiscale sui redditi da lavoro e impresa, con aumento del potere d’acquisto per tutte le categorie che oggi non beneficiano di sconti antiecologici.

Chi ci guadagnerebbe? Tutte le persone comuni che oggi pagano al posto di chi beneficia di sconti o rendite a spese dell’ambiente, e le aziende disposte a investire in innovazione ecologica. A loro andrebbero le minori tasse sui redditi, minori oneri in bolletta, e fondi per investimenti in innovazione per un totale di oltre 10 miliardi di Euro all’anno recuperati dagli sconti eliminati.

Per rendere possibile questa prospettiva occorre anzitutto modificare il dettato della Delega al Governo in materia di fiscalità che oggi subordina la revisione in chiave ecologica del fisco a quando la materia verrà definita a livello europeo.

Appuntamento dunque a mercoledì 21 maggio 2014 alle 14.30 allo spazio Europa in via IV novembre 149 a Roma.

Link:
Video: Michele Governatori parla di #MenoInquinoMenoPago.

martedì 13 maggio 2014

Pro e contro dell'energia da biogas - Parte 2

Seconda puntata sugli impianti di produzione di energia elettrica da biogas. Impianti generalmente in zone agricole che usano gas esito di un processo di digestione anaerobica di materiale organico, come scarti di lavorazione agroalimentare e prodotti agricoli ad hoc, per produrre elettricità e fertilizzante. E qui nasce la prima allerta, che riguarda il controllo del materiale usato come input.

Il senso dell’operazione è ridurre alcune emissioni chimiche delle lavorazioni agricole e zootecniche e spiazzare la produzione di elettricità da fonte fossile. Ma le preoccupazioni e opposizioni a questi impianti non mancano e almeno in parte sono serie. Provo ora a elencare le più comuni, e a commentarle.

Prima preoccupazione: l'uso energetico di prodotti agricoli non va bene perché sottrae risorse alla produzione di cibo.

Questa argomentazione a mio avviso è impertinente. Per me la buona agricoltura è quella che fa (nel rispetto dell'ambiente e delle regole) le cose più utili, cioè quelle che valgono commercialmente di più. È molto facile smontare l’affermazione che una cosa se si mangia è buona e se non si mangia è speculativa. Poi, come ho argomentato in Derrick, non ho nulla contro la speculazione intesa come ricerca del massimo profitto nell’ambito della legalità, anzi la ritengo virtuosa e utile al progresso e alla ricchezza di tutti.
(Con la stessa parola, speculazione, a volte si intendono invece turbative o manipolazioni di mercato: ma non è di questo che sto parlando).

Il progresso modifica spesso la concorrenza sui mercati delle risorse. Pensiamo a come la rivoluzione industriale e l’urbanizzazione hanno sottratto braccia all’agricoltura e quindi al cibo: dovevano essere osteggiate per questo? Di fatto hanno poi contribuito a modernizzare e rendere efficiente anche l'agricoltura.

Seconda  preoccupazione: gli impianti a biogas in aree agricole hanno impatti ambientali locali negativi e snaturano l'area.

Questa sì mi sembra un’obiezione rilevante. Aggiungo che i motori più efficienti per bruciare biogas sono a ciclo Diesel e richiedono in molti casi aggiunta di una parte (per quanto minoritaria) di gasolio per innescare la combustione. È chiaro che un terreno agricolo occupato da un impianto che - pur di minima taglia rispetto a una grande centrale - brucia a ciclo continuo combustibili provenienti da un'area più vasta dell'azienda stessa, oltretutto non tutti rinnovabili, modifica la natura di quel territorio. Fino a che punto a un agricoltore va riconosciuto il diritto di installare una sorgente di emissioni in atmosfera maggiore di quella che ci sarebbe con la sua normale attività agricola?

Il tempo di Derrick oggi è quasi finito, ma la prossima volta riprenderò il tema. Intanto ringrazio Giovanna Casalini per la sua lettera aperta su un paio di casi specifici riguardo a cui la invito a mandarmi maggiori informazioni. Casalini, totalmente contraria al biogas, unisce spunti a mio avviso non rilevanti e che non condivido (per esempio la critica a un’amministrazione perché permette un impianto di un imprenditore non della zona, come se a preoccuparla fosse un’istanza di protezionismo municipale) ad altri che invece trovo importanti, soprattutto riguardo all’efficacia dei controlli e al processo autorizzativo degli impianti.

In chiusura invito gli ascoltatori a mettere in agenda un convegno sulla fiscalità ambientale, cui corrisponderà il lancio di un documento-manifesto di Radicali Italiani e Legambiente dal titolo "Basta sussidi a chi consuma l'ambiente", il 21 maggio pomeriggio a Roma.

Infine, Radio Radicale sta monitorando gli ascolti delle rubriche. Se avete seguito Derrick, per favore segnalatelo a ioascolto@radioradicale.it .


Grazie da Michele Governatori

martedì 6 maggio 2014

Pro e contro dell'energia da biogas - Parte 1 - D201

È sempre più frequente, soprattutto nella pianura padana, imbattersi in zone agricole occupate da larghe calotte circolari. Si tratta di contenitori destinati alla digestione anaerobica di biomasse. Scarti agricoli, oppure prodotti agricoli coltivati apposta, letame, scarti della lavorazione alimentare o altro, che attraverso la trasformazione chimica di batteri producono gas combustibili e un residuo utilizzabile come fertilizzante.

I gas combustibili alimentano motori a combustione interna, derivati da motori diesel o a ciclo Otto, accoppiati a generatori elettrici. Il risultato è la produzione di elettricità e il recupero del calore residuo (cogenerazione in gergo), quest’ultimo in parte riutilizzato attraverso reti apposite nel processo stesso di trasformazione della biomassa o per altre necessità, civili, agricole o nei casi di integrazione più fortunata industriali, purché evidentemente in aree limitrofe.

L’uso energetico di biomasse, incluso il biogas ottenuto nel modo che ho detto, è a tutti gli effetti produzione di energia da fonte rinnovabile, perché il combustibile si rigenera attraverso il ciclo vegetale o animale, e per questo ha diritto agli incentivi destinati alle rinnovabili. Naturalmente, e gli ascoltatori fedeli di Derrick lo sanno bene, fonte rinnovabile non vuol dire né fonte senza impatto ambientale né, nel caso delle biomasse, fonte senza emissioni di fumi di combustione dannosi.

Vediamo prima quali ragioni ecologiche possono rendere utili impianti come quelli che ho schematizzato sopra, prima di passare alle ragioni di preoccupazione.

Primo vantaggio ecologico: captazione di gas con un effetto serra molto intenso, come il metano, che nella normale attività agricola verrebbero emessi tal quali in atmosfera e che invece, una volta bruciati, hanno un impatto-serra minore.

Secondo vantaggio ecologico: produzione di energia elettrica e termica spiazzando produzioni convenzionali, per esempio a carbone, a maggiore impatto negativo su ambiente e salute.

Terzo vantaggio ecologico: la trasformazione batterica segregata di liquami biologici riduce l’inquinamento delle acque, tant’è che in effetti è un processo in parte comune ai depuratori.

Molte aziende agricole stanno dotandosi di impianti del genere e questo modifica in modo anche rilevante la morfologia delle campagne coinvolte, il che, comprensibilmente, solleva preoccupazioni. Proverò la prossima volta a fare un elenco delle ragioni invocate di solito dai contrari all’uso energetico del biogas da fonte agricola. Anticipo subito che alcune le trovo pretestuose, altre molto concrete.