martedì 27 gennaio 2015

Il disarmo dai sussidi nell'energia - D226 e D227

Oggi riporto stralci di un articolo di Alberto Saravalle, professore di diritto dell’Unione Europea a Padova e Carlo Stagnaro, senior fellow dell’Istituto Bruno Leoni uscito il 21 gennaio sull’Huffington Post online, intitolato “Smantelliamo sussidi e distorsioni del mercato dell'energia: se non ora quando?”. Un tema caro a Derrick e che ho già toccato in molte puntate.

La storia insegna che le politiche di disarmo, per funzionare, devono essere bilaterali. Il calo del prezzo del petrolio ci offre oggi l'opportunità inattesa e imprevedibile per operare un particolare tipo di disarmo: lo smantellamento di ostacoli regolatori e sussidi nei mercati energetici europei. […]
L'attuale congiuntura […] - che forse non è destinata a durare in eterno, ma certo si protrarrà ancora per qualche tempo - rende possibili interventi che, per ragioni pragmatiche, prima non lo erano. Come scrive, forse un po' troppo enfaticamente, l'Economist, i grandi cambiamenti degli ultimi decenni - dall'apertura della Cina alle logiche di mercato avviata da Deng Xiaoping nel 1978 alla "terapia shock" della Polonia negli anni '90 - sono tutti stati resi possibili da condizioni esterne propizie. […]
Il punto è, intuitivamente, semplice. Per un verso molte fonti di energia, e in particolare i combustibili fossili, beneficiano nei vari Stati membri dell'UE d'innumerevoli sussidi sia alla produzione sia al consumo. Se nel caso delle rinnovabili questo è parzialmente giustificato (ancorché inefficiente) in virtù delle esternalità positive che esse generano, non vi è alcuna ragione per mantenere le agevolazioni vigenti per gli idrocarburi. Ne sono esempi gli sconti accordati a specifiche categorie di consumatori (come gli autotrasportatori e alcune società energivore), e le agevolazioni esplicite o implicite alle attività estrattive. Tutte queste politiche sono figlie di un approccio "antico" alla politica industriale, tutto teso a individuare a priori i vincitori, piuttosto che a creare un campo da gioco competitivo nel quale siano le imprese e i settori più efficienti a imporsi.
Tuttavia, mettere le mani su questo dossier è assai spinoso: eliminare i sussidi al consumo induce, infatti, almeno nel breve termine, a far salire i prezzi, almeno per coloro che in precedenza ne godevano. Il che è impopolare e lo è ancor di più quando le dinamiche di mercato (oltre alla fiscalità applicata) già comportano prezzi salati, com'è stato per il petrolio fino a poco tempo fa. Mettere in discussione i sussidi alla produzione può determinare l'anti-economicità di alcune attività e, dunque, mettere fuori mercato alcune imprese e i loro dipendenti. Il cheap oil […] agevola questo processo di riorganizzazione. […]
Il momento è favorevole. Negli ultimi anni molti, noi per primi, hanno citato l'ormai famosa battuta "mai sprecare una buona crisi". Oggi, più semplicemente, si tratta di non sprecare una buona occasione.
Sentiamo al microfono di Derrick proprio Carlo Stagnaro.


Stagnaro, lo avete sentito, cita un primo passo del Governo italiano nella direzione da lui – e da Derrick - auspicata riguardo alla generazione elettrica. A fronte di questo, è invece per ora di fatto cancellato dalla delega fiscale il riordino dell’intera fiscalità con riduzione dell’erosione fiscale da sussidi, che al contrario l’iniziativa #menoinquinomenopago di Radicali Italiani e Legambiente mira a reintrodurre anche attraverso un emendamento al testo della Delega già presentato alla Camera con prima firma dell’on. Oreste Pastorelli.

La proposta, così come delineata nel manifesto dell’iniziativa, prevede anche una soluzione alla difficoltà di cui parlava Stagnaro, cioè il danno immediato ad aziende che si vedano tolti sussidi legati alla loro attività. La soluzione è usare parte del risparmio da sussidi, temporaneamente, in contributi in conto capitale a investimenti in efficienza energetica o innovazione. Tutti poi, aziende e persone fisiche, guadagnerebbero dall’utilizzo del resto dei proventi per ridurre le imposte sul reddito, con un effetto non discriminatorio e non distorsivo – come invece sono i sussidi - sulla ripresa economica.


Ringrazio Carlo Stagnaro per la partecipazione a questa puntata.

martedì 20 gennaio 2015

Scelta del fornitore di energia III - D225

Mi scrive Roberta Raggioli:
Gentile Michele Governatori,
vorrei chiederle un consiglio per la scelta di un distributore o ancor meglio produttore-distributore di energia pulita gas e luce [per la casa], onde abbattere i costi energetici e non inquinare. Approfitto per ringraziarla del servizio che svolge con la rubrica.
Ecco la mia risposta:

Intanto una nota semantica: nel gergo dell'energia il distributore è l'azienda che gestisce in monopolio locale le reti cittadine e i contatori, non il venditore. Se lei è di Milano, per esempio, il suo distributore è necessariamente A2A (Enel invece in gran parte d'Italia, ACEA a Roma, Iren a Torino e Genova eccetera), che le fornisce il collegamento alla rete, per consumare l'energia che può comprare da qualunque venditore sul mercato. Tenga a mente questa distinzione, le servirà.
È vero però che la stessa azienda (anche se con un’entità giuridica diversa) fa sia il distributore che il venditore, e che a causa di un ritardo nella normativa italiana può farlo con lo stesso marchio e confondere i suoi clienti tra i due ruoli, e approfittare del vantaggio di essere già in casa sua come distributore per proporle anche energia. Questo facilita alcuni abusi commerciali ai danni dei clienti.

Il mercato dell'energia, soprattutto elettricità, è piuttosto competitivo: non si aspetti quindi risparmi rilevanti cambiando fornitore, a meno che lei oggi non abbia un contratto davvero vessatorio. Inoltre, la parte del prezzo su cui i fornitori possono farsi concorrenza è meno della metà della bolletta. Il resto riguarda oneri del sistema energetico stabiliti dall'Autorità per l'Energia. Qualunque offerta proponga grossi sconti sull’intera bolletta è molto probabilmente scorretta.

Detto questo, è importante che per la parte legata all'approvvigionamento di luce o gas lei si faccia un'idea riguardo a se preferisce pagare un prezzo fisso rispetto ai costi all'ingrosso oppure variabile. Fatto questo, il confronto è semplificato e può provare il Portale Offerte dell'Autorità per l'energia, qui:

Per privilegiare l'origine rinnovabile dell'elettricità (mentre il gas non è mai rinnovabile visto che si tratta di un combustibile fossile), lei ha due strade: riguardo ai venditori che sono anche produttori con proprie centrali, può vedere che quota di impianti hanno da fonte rinnovabile e preferire quelli che ne hanno tanti, evitando invece quelli che hanno tecnologie con maggiori emissioni dannose come il carbone.
Oppure, anche se compra da un rivenditore che non ha impianti di produzione, può sottoscrivere offerte "verdi", cioè che in vario modo supportano le rinnovabili o corrispondono a un impegno del venditore in questo senso.

Ora però dirò una cosa che forse la deluderà: la sua energia, fisicamente, è in ogni caso identica da chiunque lei compri. La rete elettrica è una e interconnessa, e non associa, se non commercialmente, un cliente a un produttore.
Questo significa che le offerte verdi sono una fregatura? No, se corrispondono a politiche di approvvigionamento del fornitore che privilegiano le rinnovabili. Ma stia molto attenta a vedere cosa intende esattamente il fornitore per offerte "verdi" e se per caso non le dichiarano cose impossibili.

Buona scelta!

Michele Governatori

Altri link utili per la scelta del fornitore oltre a quello sopra dell’Autorità per l’energia:



martedì 13 gennaio 2015

Opportunità del petrolio basso - D224

Un articolo del 7 gennaio scorso di Ferdinando Giuliano economista corrispondente del Financial Times commenta l’ultima edizione del report semestrale Global Economic Prospects della Banca Mondiale, che in un capitolo analizza cause e possibili effetti del calo repentino del prezzo del petrolio di questi mesi, e le possibili e auspicabili conseguenze di politica economica e fiscale.
Il petrolio a buon mercato, dice la Banca Mondiale, è un’occasione per rivedere la fiscalità dell’energia e i sussidi ai consumi di prodotti petroliferi, perché il prezzo basso bilancia l’impatto negativo delle riforme su chi beneficia dei sussidi. La Banca Mondiale già in passato ha scritto che i sistemi di sussidi, anche in forma di fiscalità di vantaggio, ai consumi di energia fossile comportano effetti negativi sia in termini di equità fiscale, sia in termini di incentivi perversi contro l’efficienza energetica e l’innovazione.

La raccomandazione di usare questa congiuntura per ridurre i sussidi alle fonti fossili (quantificati come gli ascoltatori di Derrick sanno dalla IEA a livello globale in circa 500 miliardi di dollari nel 2011) è coerente anche con dichiarazioni di Olivier Blanchard, capo economista del Fondo Monetario Internazionale.
Una stima incompleta ma rigorosa dei sussidi antiecologici in Italia si trova nel manifesto di #menoinquinomenopago di Radicali Italiani e Legambiente reperibile sul sito di Radicali Italiani.

E restiamo dunque in Italia, dove la delega fiscale dell’anno scorso prevedeva una revisione ecologica del fisco che non è mai partita (ma che è ragionevole attendersi a marzo con il Green Act promesso da Renzi). Anzi in Italia dal 2015 le imposte si sono spostate ancora di più dai consumi fossili ai redditi.
Facciamo il caso di una famiglia che vive nel Lazio, monoreddito da 36.000 €/anno con due figli e che usi l’auto per 20.000 km all’anno con consumi diciamo di 1500 litri di gasolio per autotrazione. Dal 2015 avrà uno sconto accise dell’ordine di 5 euro totali sui consumi di gasolio, e pagherà 360 euro in più di tasse sul lavoro grazie all’incremento-monstre dell’IRPEF nel Lazio di un punto percentuale secco (il caso più clamoroso di aumenti generalizzati delle imposte regionali sul lavoro).

Zingaretti via twitter ha scritto che è un atto di equità sociale. Io, come sapete, non sono d’accordo, credo che la cosa più equa che potrebbero fare amministrazioni in bancarotta a causa del conto delle clientele di anni e anni sarebbe fallire, e quindi almeno in parte non pagare quel conto, anziché farlo pagare ai contribuenti e vantarsene pure.