martedì 23 febbraio 2016

Mezzi pesanti e carburanti alternativi - D266

Filobus Fiat ad Ancona, da Wikipedia
Tra i miei ricordi d’infanzia ci sono settimane estive trascorse a Riccione con frequenti trasferte a Rimini insieme a mia nonna. Prendevamo il filobus, che credo in quella tratta ci sia ancora. Era la fine degli anni Settanta e quei bus sibilanti stavano già diventando una rarità. Erano stati invece piuttosto diffusi tra le due guerre e all’inizio del secondo dopoguerra.

Non è triste che un mezzo così gentile in termini di inquinamento anche acustico abbia perso diffusione?
Le ragioni sono prettamente economiche, e non tengono conto dei vantaggi ambientali. I filobus costano molto (almeno un milione di Euro un mezzo snodato) e costa l’infrastruttura aerea di cavi per alimentarli, che in più richiede squadre tecniche specializzate per tenerla in efficienza. Se poi le linee a filo sono una piccola parte della rete, è ulteriormente costoso per l’azienda di trasporti dotarsi di mezzi di riserva non intercambiabili col resto del parco. Così, la trasformazione a filobus, quando si fa, fa parte di norma di un progetto di riqualificazione finanziato dal Comune. Ma i Comuni non hanno una lira, e così si spiega probabilmente in buona parte il loro abbandono.

Ma se siamo vicini, almeno relativamente, all’elettrificazione dei trasporti come misura di tutela della qualità urbana dell’aria, è legittimo aspettarsi che i bus elettrici tornino, e finché le batterie sono troppo costose e pesanti, in ambito urbano la soluzione a filo sembra ancora la migliore. Lo riferisce Pierre Lahutte, AD di Iveco, in un articolo di Paolo Griseri su Affari e Finanza del 15 febbraio 2016.

A maggior ragione le batterie sono ancora non proponibili nel trasporto pesante extraurbano, dove servono notevoli autonomie e dove il filo non può arrivare. Una soluzione alternativa al gasolio per il trasporto pesante di merci potrebbe essere invece il gas naturale liquefatto (GNL). Cioè metano mantenuto allo stato liquido non per compressione ma grazie a serbatoi a bassissima temperatura. Infatti il gas liquido è molto più denso di energia rispetto a quello gassoso compresso (quest’ultimo usato nelle comuni auto a metano, per intenderci) e quin
di è adatto a motori con necessità di coppie elevate, come appunto i motori dei mezzi pesanti, normalmente alimentati a gasolio.
Un camion a metano liquido ha emissioni meno dannose, è efficiente, ma richiede una rete di distributori con stoccaggio di gas liquido. Servono quindi investimenti, ma è interessante leggere che i produttori di veicoli stanno già andando in questa direzione.

A remare contro all’innovazione ci pensano però le scelte pubbliche. Come abbiamo visto e hanno denunciato i Radicali e Legambiente con la campagna #menoinquinomenopago, l’Italia continua a stanziare 1,5 miliardi di Euro all’anno per far sconti sulle accise del gasolio al trasporto pesante. Difficile trovare un incentivo più perverso e contraddittorio rispetto agli auspici su ecologia e innovazione che pure il Governo dispensa e il Parlamento ha più volte sancito.


Per questa puntata ringrazio Luciano Governatori, già presidente dell’azienda di trasporto pubblico urbano di Ancona.

domenica 14 febbraio 2016

Il lavoro: sarà ancora l'unico fattore di emancipazione economica e sociale? - D265

Nell'ultima puntata con Elisa Borghese abbiamo dato un aggiornamento sulla vertenza di Portovesme, in Sardegna, dove gli stabilimenti per la produzione di alluminio un tempo dello Stato e più recentemente dell’americana Alcoa sono stati chiusi a fine 2012 dopo la sospensione degli sconti al prezzo dell’elettricità finanziati con le bollette di tutti.

Pochi giorni fa abbiamo avuto negli studi di Radio Radicale Marco Bentivogli, segretario di FIM Cisl, per una lunga intervista sulle prospettive dello stabilimento e sul senso di questi aiuti. Ma abbiamo anche posto a Bentivogli questioni che riguardano in generale il senso del supporto pubblico d’emergenza alle aziende in crisi per motivi occupazionali.
La Costituzione italiana stabilisce il diritto al lavoro. Ma è un diritto esigibile? E se al mondo la produttività fosse destinata a crescere meno della dimensione dell'economia? È pensabile che sia alcora il lavoro il criterio per distribuire il reddito?

Sentiamo un estratto della fine dell’intervista a Marco Bentivogli:



La versione integrale dell'intervista dagli studi di Radio Radicale è disponibile qui.

martedì 2 febbraio 2016

Alluminio a Portovesme 2016 - D264

Con Elisa Borghese

Cosa diavolo è la politica industriale nelle economie di mercato? Chiedendoselo si capisce molto della propria idea di Stato. In Derrick ne abbiamo parlato, e non c’è tempo di riprendere ora quel discorso. Per questa puntata chiediamoci piuttosto quali strumenti la sedicente politica industriale abbia a disposizione in un’economia di mercato. Piuttosto pochi, in teoria, se per politica industriale s’intende favorire determinati settori o localizzazioni di aziende di mercato, le cui fortune dovrebbero invece, appunto, dipendere dal mercato.

In Italia e altrove un modo importante per aiutare l’industria pesante coi soldi pubblici è far sconti sulla bolletta energetica. Ciò permette ai governi di elargire soldi senza incidere sul bilancio pubblico in senso stretto. Tuttavia la giurisdizione europea ha stabilito che anche un trasferimento da una bolletta all’altra può considerarsi un aiuto di Stato.

Un caso annoso e mai conclusosi di aiuto ad aziende pagato in bolletta riguarda la produzione di alluminio a Portovesme, in Sardegna, fino a qualche anno fa gestita dall’americana Alcoa che ottenne (fin da quando l’impianto originariamente pubblico fu messo in vendita) notevoli sconti sull’energia pagati con le bollette di tutti. Come in Derrick abbiamo raccontato prima con Stefano Mottarelli e poi con Elisa Borghese, la quale è anche coautrice di questa puntata, la norma che ha permesso per anni ai grandi energivori di Sicilia e Sardegna con determinate caratteristiche di avere notevoli sconti sull’elettricità è stata poi dichiarata illegittima dall’UE, al che Alcoa ha deciso di chiudere lo stabilimento.

Ora è da tempo in corso un negoziato tra Glencore, il ministero dello Sviluppo Economico e la regione Sardegna, con il quale si cerca di facilitare l’acquisto e la riattivazione da parte di Glencore dello smelter (cioè l’impianto per la lavorazione dell’alluminio) di Portovesme chiuso da Alcoa.
Il Ministero, grazie a una modifica nelle regole europee sugli aiuti di Stato, ha ottenuto da Bruxelles la possibilità di estendere gli sconti in bolletta per altri due anni rinnovabili, con un meccanismo simile a quello precedente e nei cui dettagli andrò se mai un’altra volta. Il rinnovo degli sconti è già legge tramite il "milleproroghe", e vale per i beneficiari oltre 20 €/MWh. (Il prezzo all’ingrosso dell’elettricità il 31 gennaio 2016, mentre preparo questo pezzo, è inferiore a 30€ e che negli ultimi tempi ha oscillato attorno ai 45).
A dire il vero nell’accordo tra Ministero dello Sviluppo Regione Sardegna e Glencore, che inspiegabilmente è riservato ma a una versione del quale Derrick ha potuto aver accesso, il Governo si impegna a cercare soluzioni che garantiscano un prezzo dell’energia tale da rendere competitivo per dieci anni a livello globale lo stabilimento.
Attenzione: non solo un prezzo competitivo dell'energia, ma la competitività dello stabilimento tout court, una cosa che se presa alla lettera equivarrebbe a sollevare Glencore da ogni necessità di impegno in termini di efficienza ed efficacia. Non solo: Glencore esclude sia di pagare alcunché per l’acquisizione, sia di accettare l’accollo di debiti e di mantenere necessariamente il livello occupazionale. E ancora, declina qualunque responsabilità anche sui danni ambientali eventualmente già causati sul sito. (Comincio a capire perché le parti non vogliono rendere pubblico l’accordo).

Glencore però, che Derrick sappia, continua a prendere tempo, tanto che nel frattempo si è fatto avanti un nuovo potenziale cliente, Sideralloys, che ha manifestato un interesse di massima e chiesto di operare una due diligence (cioè una verifica tecnico-economica) sul sito per verificare la fattibilità dell’acquisizione. Ma Alcoa avrebbe negato, per motivi a chi vi parla non chiari, le operazioni necessarie alla due diligence.

Su questi temi Marco Bentivogli, segretario di FIM CISL, il 9/2/2016 è stato ospite di Radio Radicale per una lunga conversazione con Michele Governatori e Elisa Borghese, ascoltabile qui.