lunedì 31 luglio 2017

Chi è a secco e chi no nell'energia (Puntata 322 del 1/8/17)

La volta scorsa abbiamo parlato anche qui a Derrick di carenza idrica, che ha un impatto anche nella produzione di energia elettrica.

Fino a qualche decennio fa, un Po quasi secco come quello che abbiamo visto quest’estate avrebbe probabilmente rischiato di causare un blackout per impossibilità di usare l’acqua del fiume per raffreddare gli impianti, compreso quello nucleare di Caorso, tra Piacenza e Cremona.

Oggi invece le centrali più moderne hanno circuiti idrici chiusi e non restituiscono all’ambiente acqua più calda o in minore quantità di quella che prelevano. Infatti non ne prelevano o quasi, e usano scambiatori acqua/aria per raffreddare l’acqua usata come vettore termico.

Ma se manca la pioggia la produzione netta delle centrali idroelettriche inevitabilmente ne risente. Anche per questo la siccità, unita alle temperature molto alte di luglio e a un maggior uso dei condizionatori, avrebbe potuto causare un picco dei prezzi dell’elettricità italiana in questo luglio, cosa che finora non è avvenuta. I prezzi medi nella borsa elettrica a luglio 2017 sono rimasti sotto i 50 €/MWh, un livello assolutamente moderato rispetto alla storia dei mercati. (Le cose sono andate molto diversamente nella prima settimana di agosto, come accennato sotto).

Come mai? Secondo la società di consulenza Energy Advisors un elemento-chiave è la minor richiesta di punta massima di potenza da parte dei consumatori. In altri termini, e semplificando, quest’anno rispetto ai record di due anni fa la rete non si è mai trovata con un prelievo tale da dover accendere anche centrali di picco, flessibili ma inefficienti. Questa riduzione potrebbe essere dovuta in parte a una ulteriormente aumentata diffusione del fotovoltaico di piccola taglia, che tipicamente limita il prelievo netto dalla rete proprio nelle ore più calde, ma difficilmente questo spiega l’intero effetto.

Se i produttori, idroelettrici e non, continuano mediamente a tirare la cinghia sul mercato italiano dell’energia, non si ferma la bonanza dei gestori di reti. Un fenomeno non solo italiano stando alla segnalazione dell’associazione inglese di consumatori Citizen’s Advice Bureau, che stima che negli ultimi 8 anni i clienti elettrici inglesi abbiamo pagato 7,5 miliardi di Sterline non dovuti alle reti elettriche a causa delle tariffe troppo generose concesse dalla locale autorità per l’energia. Remunerazioni eccessive perché non commisurate al basso rischio dell’attività i cui proventi, appunto, son stabiliti in anticipo dalle autorità.
Intanto da noi Terna porta a casa una nuova semestrale ricchissima, con un utile netto aumentato di oltre l’8% rispetto allo stesso periodo precedente, e non stupisce né che il suo amministratore delegato ritenga necessario continuare con investimenti massicci, né che abbia facilità nel reperire i capitali sui mercati.

Fiammata ad agosto

I prezzi all'ingrosso della borsa elettrica italiana, dopo la prima edizione di questo articolo, si sono infiammati nei primi giorni di agosto [2017], superando per esempio il 4/8/2017 i 100 €/MWh in tutte le ore diurne e serali, con un picco di potenza richiesta di oltre 55650 MW che ha sfiorato il record del luglio 2015.
Molto insolito che simili valori si registrino ad agosto. Evidentemente si è trattata di una prima settimana in cui il picco del caldo ha colto con gran parte delle attività economiche energivore ancora operative.

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lunedì 24 luglio 2017

Acqua e tempeste solari (Puntata 321)

Cari amici di Derrick, non so quanto sia stata una buona idea quella dell’amministrazione romana di paventare esplicitamente razionamenti dell’acqua in risposta alla mossa della Regione di sospendere i prelievi dal lago di Bracciano a fine luglio [2017].
Scogli sulla sacca di Scardovari
fotografati da Derrick nel 2011
Se la sindaca di Roma ha a mio parere ragione a lamentarsi dell’unilateralità di Zingaretti (se effettivamente è andata così), credo abbia però sbagliato risposta, perché preannunciare razionamenti rischia di provocare accaparramenti e quindi un incremento dei consumi, con l’acqua accumulata che poi rischia di andare in parte sprecata.
Intanto prevedo che prima dell’acqua finiscano le taniche nei negozi di Roma. Non ci credete? Leggo sull’ultimo Economist che quando in Cile un terremoto del gennaio 2010 mandò in tilt la rete elettrica la gente iniziò ad accaparrare beni in quantità di cui non aveva alcun bisogno, creando già per questo problemi di disponibilità nei negozi.

E a proposito, sapete qual è secondo più di un’agenzia di esperti, tra cui l’americana Storm Analysis Consultants, uno dei rischi più insidiosi per i sistemi di trasmissione elettrica? Le tempeste magnetiche solari che, com’è già successo in Canada il 13 marzo 1989, possono rompere i trasformatori delle stazioni elettriche. Trasformatori da centinaia di tonnellate la cui fornitura può richiedere anche un anno tra l’ordine e la consegna e la cui capacità produttiva, secondo una commissione sulla resilienza alle catastrofi del Congresso americano, non renderebbe possibile una sostituzione a breve di molti trasformatori contemporaneamente per una grande rete.
In Canada nell’89 i danni furono abbastanza isolati e la rete collassò solo per 9 ore, più o meno come nel blackout italiano del 2003.
Ma tempeste più forti sono possibili. Per esempio leggo su Le Scienze che nel 1859 (quando le lampade andavano a olio) ce ne fu una che portò a Roma l’aurora boreale. E un blackout nazionale di settimane comporterebbe eventi a catena con verosimile forzata militarizzazione del paese e problemi di ordine pubblico e sanitari di ogni tipo.

Un vantaggio dell’Italia su questo fronte è la disponibilità di centrali idroelettriche a bacino, che possono fornire elettricità localmente accendendosi anche senza essere a loro volta alimentate, cosa che invece non avviene per gran parte delle altre centrali.

E così da una divagazione all’altra siamo tornati all’acqua. Spero che l’emergenza a Roma venga affrontata con cali di pressione e sospensione di utenze industriali non indispensabili, anziché con interruzioni alle forniture domestiche.
Nel frattempo Acea, controllata dal Comune e quindi “pubblica” come piace all’ampio popolo del sì all’acqua pubblica, fa proprio dall’acqua il 44% degli utili lordi del primo trimestre 2017, con trend crescente. E, va anche detto, investe nel settore più che nello stesso periodo del 2016: oltre 50 milioni. Attenzione, però: li investe in parte per attività di distribuzione d’acqua all’estero tra cui Colombia, come risulta dalle slide del bilancio trimestrale pubblico.

Del resto, se l’acqua è pubblica, lo è senza confini, no?


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martedì 4 luglio 2017

Banche venete: perché niente bail-in? (Puntata 319)

Vanno salvate le banche dal fallimento?

Gli economisti perlopiù ritengono di sì, per evitare il moltiplicarsi di effetti avversi in particolare sul funzionamento delle imprese con conseguenze recessive acute.

Nel salvare Popolare di Vicenza e Veneto Banca il Governo credo però avesse l’opzione (anche se non l’obbligo in questo caso) di fare un bail-in, cioè di far partecipare alle perdite non solo gli azionisti ma anche tutti gli obbligazionisti, perlomeno quelli non in grado di dimostrare di essere stati truffati, e i correntisti sopra la soglia dei 100mila euro (ammesso che ce ne fossero ancora).
Nelle sue dichiarazioni non mi pare che il ministro Padoan abbia spiegato perché quest’opzione non fosse praticabile, e l’unico indizio in tal senso l’ho letto su un articolo non firmato del Financial Times del 27 giugno 2017 secondo cui alcune delle obbligazioni senior erano comunque contrattualmente coperte da garanzia dello Stato.
Il Governo, decidendo di non far perdere un Euro agli obbligazionisti senior (quelli privilegiati nel rimborso), non ha protetto aziende beneficiarie di credito ma investitori che, salvo truffe nel collocamento dei titoli, avevano deciso di correre un rischio in cambio di un rendimento (due dimensioni correlate nei mercati finanziari efficienti).

Io non ho nulla contro chi specula coi suoi soldi. Anche la speculazione aiuta i mercati a funzionare. Se qualcuno ha recentemente ritenuto di rischiare, con una scommessa al buio, comprando sul mercato secondario (quello dei titoli già emessi) obbligazioni senior delle banche a rischio fallimento a prezzi più bassi del valore del rimborso, l’ha fatto legittimamente. Costui non è vittima di truffe in sede di prima collocazione dei titoli, ma anzi è un investitore evoluto e molto propenso al rischio.
Qual è dunque la ratio di garantire coi soldi delle tasse il successo di queste speculazioni? Io credo che il Governo dovrebbe spiegarlo. L’argomento che toccare obbligazionisti senior e correntisti facoltosi avrebbe causato un rischio sistemico è a mio avviso debole, visto che si tratta di una piccola parte del buco di due banche che nemmeno nella loro interezza, secondo l’UE, potevano dirsi di rilevanza sistemica.
Se poi l’investimento lastminute in obbligazioni senior si fosse basato su notizie privilegiate circa l’azione imminente del salvataggio, si configurerebbe anche un gravissimo abuso, sanzionabile sulla base delle norme dei mercati finanziari. Le autorità hanno vigilato su questo? Lo faranno? Ci sono stati passaggi anomali di obbligazioni nell’imminenza dell’operazione?


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