mercoledì 13 dicembre 2017

Emergenza gas dichiarata in Italia il 12/12/17 (Puntata 340 in onda il 19/12/17)

Il 12 dicembre 2017 il ministero dello sviluppo economico ha dichiarato lo stato di "emergenza gas" (che comporta l'attivazione di una serie di misure atte a massimizzare le immissioni sulla rete italiana) in seguito all'incidente in un hub del più importante gasdotto d'importazione per l'Italia, quello su cui transita il gas russo. (Sulla congruità dell'attivazione dello stato di emergenza c'è qui sotto un approfondimento tecnico di Fabio Pedone).
L'evento austriaco si aggiungeva a una parziale indisponibilità dei flussi dal nord Europa (altro gasdotto che passa dalla Svizzera), a una generale scarsa affidabilità e consistenza dei flussi dal gasdotto libico e, negli ultimi anni, a una tendenza al declino dei flussi algerini (quarto corridoio) a causa di scarsi investimenti nei siti produttivi locali. Già nella sera del 12 l'attività del gasdotto austriaco ha iniziato a ripartire e la criticità è rientrata progressivamente fino alla dichiarazione di fine emergenza del 15 dicembre (link sotto).

L'Italia per fortuna è già oggi uno dei sistemi gas più interconnessi d'Europa e uno dei più dotati in termini di capacità di stoccaggio (siti geologici in grado di ricevere gas d'estate e restituirlo in inverno).
L'emergenza però è stata determinata dal fatto che anche a stoccaggi pieni il flusso che essi possono erogare nel breve periodo ha limiti tecnici e potrebbe non bastare in caso di freddo molto acuto, che aumenterebbe i consumi per riscaldamento.
Il sistema, sulla base di dichiarazioni di Snam, che gestisce la rete italiana ad alta pressione, è sempre rimasto bilanciato, anche se il venir meno del gasdotto attraverso l'Austria è sicuramente una situazione critica.
Peraltro il mercato ha risposto correttamente: l'impennata dei prezzi del gas in Italia ha comportato un minore utilizzo del gas a fini termoelettrici, esattamente come deve succedere in un mercato efficiente. 
Anzi proprio il mercato potrebbe forse essere fatto funzionare di più, riducendo alcuni vincoli al flusso in uscita dagli stoccaggi, oggi legati a regole del MiSE che potrebbero essere allentate senza pregiudizio alla sicurezza.

Il valore dell'interconnessione gas

L'episodio, come molti hanno fatto notare, è comunque utile a mostrare la nostra dipendenza ancora alta dalle forniture russe, che si aggiunge a capacità produttiva nazionale in declino, e l'interesse nazionale per la costruzione del TAP, gasdotto transadriatico di iniziativa privata e con successivo ingresso nel capitale della stessa Snam, che permetterà di portare in Italia gas di origine azera, rendendo ancora più diversificato il nostro sistema e dando all'Italia la possibilità di diventare un "hub" del gas per l'Europa, come nella visione della strategia energetica nazionale del 2013.



Approfondimento tecnico: un'"emergenza" dubbia e distorsiva per il mercato
di Fabio Pedone


Il livello di emergenza viene dichiarato, tra le altre cose, al verificarsi “dell’interruzione non prevista di una delle principali fonti di approvvigionamento e nel caso in cui tutte le misure di mercato siano state attuate ma la fornitura di gas sia ancora insufficiente a soddisfare la domanda” (art. 2.3). Di conseguenza il Piano prevede l’attuazione delle misure NON di mercato. In tali circostanze si applica un prezzo di bilanciamento amministrato, pari a 82,5 €/MWh, come stabilito dall’art. 5.4 del Testo Integrato del Bilanciamento (link sotto).

Al contrario di quanto dichiarato dal MiSE, durante la giornata del 12 dicembre sembra proprio che le misure di mercato, come abbiamo visto sopra, abbiano funzionato. Il prezzo del mercato all’ingrosso è salito rappresentando la situazione di scarsità, i consumi termoelettrici si sono ridotti in virtù del prezzo del combustibile eccessivamente oneroso, sono aumentate le importazioni in virtù di spread di prezzo favorevoli. Fortunatamente in serata sono ripresi i flussi di importazione da Tarvisio ma nonostante ciò, al termine del giorno gas il sistema era “corto” di 31 milioni di metri cubi, che il responsabile del bilanciamento ha dovuto fisicamente estrarre dagli stoccaggi e che, nella sessione di mercato (ex-post) MGS del 13 dicembre, ha poi acquistato dagli utenti dello stoccaggio. Se il responsabile del bilanciamento non avesse reperito tali risorse tramite MGS, avremmo potuto affermare che quel gas era stato “tirato fuori” dalle riserve strategiche. E l’utilizzo dello stoccaggio strategico è proprio una misura non di mercato di cui all’art. 4.2.3 del Piano di Emergenza che avrebbe giustificato la dichiarazione di emergenza.

Allora perché dichiarare lo stato di emergenza e non lo stato di allarme?
Il Piano di Emergenza cita al punto 2.2 che lo stato di allarme si può realizzare “in modo improvviso, come nel caso di un’interruzione di una delle principali fonti di approvvigionamento e/o nel caso di eventi climatici sfavorevoli di eccezionale intensità”. Il livello di allarme prevede l’attuazione di una serie di misure nella “responsabilità” del mercato, così come accaduto nella giornata del 12 dicembre, senza che si adotti alcuna misura non di mercato.
Il MISE, diversamente, ha dichiarato lo stato di emergenza ma ha aggiunto che, non essendo stata adottata alcuna misura non di mercato il prezzo di bilanciamento non sarà amministrato.

Ma delle due l’una: o si tratta di emergenza e si applica il prezzo amministrato oppure non si tratta di emergenza. Nel secondo caso, non può non applicarsi il prezzo amministrato. È evidente, infatti, che la dichiarazione del MISE ha creato aspettative di prezzo e di conseguenza delle distorsioni di mercato che non si ci sarebbero state se fosse stata dichiarata, più correttamente, la situazione di allarme.



Link utili:

martedì 12 dicembre 2017

Credere disobbedire combattere (Puntata 339 in onda il 12/12/17)

Ho letto il libro di Marco Cappato, Credere disobbedire combattere, uscito con Rizzoli a ottobre 2017.

Per qualche motivo mi aspettavo di imbattermi in un’autobiografia, genere che mi piace. In realtà ho trovato una cosa diversa: un libro su un metodo, la disobbedienza civile, che si accompagna - non tanto paradossalmente - al rispetto del diritto, e su temi ai quali questo metodo è stato applicato da Cappato e dai suoi compagni politici.
Temi che hanno il filo conduttore direi della libertà, una libertà “concreta” come la definisce lo stesso Cappato raccontando il suo impegno a favore dell’autodeterminazione dei malati terminali sull’interruzione delle cure. Chi nega questa libertà, scrive Cappato, lo fa in nome di una molto ideale libertà assoluta, quella di affrancarsi da scelte dovute a una contingenza dolorosa, e “in nome della libertà assoluta nega il diritto a esercitare una libertà concreta, inevitabilmente condizionata dagli accidenti della vita. Ma la libertà non è mai assoluta”.

Cappato e i Radicali hanno lottato e lottano contro ingerenze incomprensibili o eccessive da parte dello Stato. È la cultura liberale, l’obiettivo di “smontare lo Stato dove non serve (le leggi proibizioniste, con i loro apparati per applicarle) e rimontarlo dove serve (conoscenza, democrazia)”.

Proprio il proibizionismo è un capitolo importante del libro. Il 43% dei detenuti in Italia è in cella per violazione delle leggi sulle droghe, scrive Cappato, comprese sostanze psicotrope non più pericolose di altre legali come alcool e sigarette. E racconta di quando nel 2012, in seguito a una restrizione della libertà degli stranieri di frequentare i coffee shop olandesi, lui con altri si fece bloccare all’ingresso di uno di questi per poi denunciare la natura discriminatoria della norma, fino a farla annullare un anno dopo da una sentenza della corte di giustizia europea.

Un capitolo particolarmente impressionante è quello sulle tecniche di riproduzione assistita e di interventi anche solo diagnostici sugli embrioni, perché è impressionante il livello di arbitrio e insensatezza delle limitazioni della norma che lo riguarda: la legge 40 del 2004. Che tra le altre cose obbligava (prima di una serie di interventi delle corti) alla crioconservazione a tempo indeterminato di embrioni inutilizzati vietandone l’uso a scopi di ricerca.

C’è qualcosa di più stupido che impedire la ricerca scientifica?
Quasi tutti i grandi salti in avanti della scienza comportano problemi di regolamentazione anche profondi e inediti, ma il proibizionismo probabilmente è il modo più autolesionista di affrontarli.

Sul finire il libro tocca uno dei più recenti tra questi problemi, legato alla possibilità dei principali social network, soprattutto Facebook, di gestire grandi masse di informazioni sui loro utenti, e di poterle elaborare tanto da prevedere anche le decisioni di voto. Uno strumento potente per campagne elettorali.
Cappato cita Simon Kuper che dice che nell’era degli algoritmi di elaborazione dati il voto non è più segreto. Un’affermazione a mio parere inutile quanto quella di uno che si lamenti con un amico che lo conosce bene, e lo sa interpretare, che per lui i suoi pensieri non sono più un segreto. Un conto è diventare prevedibili, un conto perdere la possibilità di determinare la propria scelta in modo diverso dalle previsioni (certo: scelta condizionata, e qui torniamo al discorso sopra sulla libertà inevitabilmente, antropologicamente incompleta).
Pensare di limitare l’uso di tecnologie nell’elaborazione dei dati sarebbe simile al pensarlo riguardo alla ricerca sugli embrioni. Qui il problema, se mai, è di nuovo una questione di regole liberali: la necessità di impedire a qualcuno di sfruttare un monopolio danneggiando la società.


Credere disobbedire combattere, di Marco Cappato, Rizzoli, è un libro appassionante e limpido su perché hanno senso le idee radicali e liberali del suo autore e dei suoi compagni di politica. Un libro per me molto utile, che consiglio a tutti e regalerò a molti.

sabato 2 dicembre 2017

Le camminate (im)possibili IV - Aeroporto di Zurigo (Puntata 338 in radio il 5/11/17)

Per la serie “Camminate (im)possibili” qualche tempo fa ho sperimentato e raccontato qui (link sotto) un percorso a piedi dall’aeroporto internazionale di Fiumicino a un centro commerciale a pochi chilometri di distanza, e constatato quanto le infrastrutture stradali non fossero concepite per permettere un simile spostamento in sicurezza, né in uscita dall’aeroporto né tra il centro commerciale Da Vinci e la pur vicinissima stazione ferroviaria di Parco Leonardo.
Percorso a piedi da Nord (aeroporto di Zurigo) verso Sud

Il 30 novembre 2017 approfittando di una trasferta di lavoro ho ripetuto l’esperimento di uscita pedonale da un aeroporto verso la città. Stavolta dall’aeroporto di Zurigo. Volevo vedere se i luoghi comuni sulla Svizzera ben organizzata e attenta all’ambiente – e quindi si presume ai pedoni – fossero almeno in questo caso confermabili.

Lo dico subito: purtroppo per noi, sì.

Vediamo i dettagli: il mio obiettivo era lasciare il terminal dell’aeroporto e raggiungere Glattpark, una zona residenziale e amministrativa in direzione del centro città, nell’area della cittadina-satellite di Opfikon, con destinazione un hotel a circa 5 chilometri dall’aeroporto.

Dunque esco dal terminal e con l’aiuto di Google maps vado verso Sud-Est costeggiando la zona dove si prendono i taxi. Inizialmente sono un po’ spaesato: non vedo indicazioni pedonali, temo di finire in qualche accesso ad aree tecniche senza transito.
Invece il marciapiede prosegue e dopo un centinaio di metri sono a un incrocio di piste ciclabili e pedonali con indicazioni specifiche per varie destinazioni.
Da lì in poi non faccio che percorrere piste ciclopedonali, inizialmente lungo la carreggiata verde di un tram (alternativo al treno) che collega l’aeroporto con il centro di Zurigo, carreggiata che poi attraverso tramite un passaggio a livello specifico per cicli e pedoni (è il primo che vedo in vita mia).

Passo quindi davanti a un edificio industriale con grandi vetrate che ha tutta l’aria di essere la centrale termico-energetica dell’aeroporto. Proseguo su pista lungo un’arteria stradale, dove un sottopasso permette di superare l’incrocio con una superstrada nei pressi dell’hotel Hilton, ma proprio qui – orrore – trovo in una scarpata piccole tracce di rifiuti gettati forse da ciclisti in corsa, che mi affretto a documentare con foto. Ormai il tramonto è passato (ma il disco solare già prima era dietro alle nubi). Fa un po’ freddo ed è prevista neve a breve: allungo il passo fino al mio hotel.

Trovare i rifiuti (ci sono!)
Dunque. L’esperimento dice che non è così impensabile combinare lo spostamento a piedi o in bici con un viaggio aereo. Pur di trovarsi nel posto giusto.

Gli altri episodi delle camminate (im)possibili sono qui.